mercoledì 5 febbraio 2014

L'importanza del titolo

L'importanza del titolo
ovvero: chi ben comincia è a metà dell'opera...

Tutti noi, appena prendiamo un libro in mano, ne leggiamo il titolo. Esso è il biglietto da visita dell'opera, romanzo o racconto che sia, ed è un elemento a cui sono affidate molte funzioni. E' dalla sua capacità di catturare la nostra attenzione e di incuriosirci dipendono le probabilità che venga presa in considerazione l'idea di acquistare il libro. Un titolo azzeccato, poi, resta facilmente impresso nella nostra memoria e può favorire il passaparola. Tutte cose ovvie, si direbbe. Eppure non sempre gli autori (e in certi casi anche gli editori) prestano la dovuta attenzione alla scelta di questo importante elemento.

Per capire quali caratteristiche dovrebbe avere un buon titolo, dobbiamo innanzitutto porci una domanda fondamentale: che cos'è, in realtà, il titolo di un'opera?




Secondo il Vocabolario Treccani, il titolo è "il nome o la frase che serve a individuare uno scritto o un’opera letteraria, teatrale o artistica e musicale, una produzione cinematografica, oppure gli articoli di un quotidiano, di un periodico, di una rivista, alludendo più o meno chiaramente all’argomento o al soggetto". Questa definizione ci dice due cose apparentemente banali ma molto importanti:
  1. il titolo serve a individuare un'opera, e quindi diventa l'elemento al quale la nostra mente assocerà quel determinato testo;
  2. per porre in essere in maniera efficace questo meccanismo di associazione esso deve in qualche modo rimandare al contenuto del libro stesso.

La nostra mente è per molti versi simile a una biblioteca, in cui ricordi omogenei sono raccolti in volumi ed etichettati con una frase, una sensazione, un'immagine. Tutte cose facili da ricordare e dalle quali possiamo inconsciamente recuperare tutte le informazioni collegate. Ecco che normalmente noi ricorderemo i titoli delle opere che abbiamo letto. Ricordato però il titolo, ecco che subito ci torna in mente anche il contenuto del libro, almeno a grandi linee. Assegnare un titolo non pertinente a un romanzo, a meno che questo non sia talmente bello da essersi impresso a fuoco nel nostro cervello, può rendere più difficile questo processo di recupero.

Ovviamente, parlando di letteratura, le eccezioni sono dietro l'angolo, ma qui cercherò di fare un discorso generale. Un buon titolo dovrebbe in qualche modo riassumere il senso della storia o comunque fornirne una chiave di lettura, magari comprensibile solo a posteriori. Nel caso dei racconti, che per loro natura possono essere brevi o anche brevissimi, esso può addirittura costituire un elemento portante della storia o sostituire una parte mancante del raccontato, dando ad esempio al lettore delle informazioni che non potevano essere esplicitate nel corpo narrativo (per incompatibilità delle situazioni, per evitare infodump, ecc.), ma che risultano indispensabili al fine della piena comprensione della storia.

Ogni autore è un universo a sé, quindi è difficile (anzi, impossibile) definire delle regole standard a cui attenersi. L'immediatezza, l'univocità, l'attinenza sono però elementi che dovrebbero sempre essere tenuti in conto al momento ella scelta finale del titolo, fosse anche per decidere coscientemente di seguire una strada completamente antitetica. Persino la scelta di lasciare un'opera senza titolo può essere il risultato di un ragionamento fatto su questi pochi principi. La cosa importante è comunque quella di non avere fretta e di prendersi tutto il tempo necessario per fare la scelta giusta. Spesso quelle poche parole scritte sulla copertina sono le più difficili da concepire.

Personalmente, quando devo scegliere il titolo per un mio racconto, mi pongo questa domanda: come potrei riassumere in breve ciò che ho scritto (o ciò che ho in mente)? Se la risposta data è corretta, essa normalmente riesce a rispondere anche ai due requisiti riportati sopra. Per portarvi qualche esempio dei risultati, potete dare uno sguardo al mio mini-racconto "La Frittata", pubblicato su questo blog qualche giorno fa, o a "Il Risveglio", pubblicato in ebook dal forum Abaluth, o ancora a "La Radice del Male", pubblicato da GDSedizioni tra i finalisti del concorso "Aktoris". In tutti questi casi il titolo riassume esattamente ciò di cui volevo parlare, senza però lasciar intuire alcun elemento della storia. E' solo a lettura finita che il lettore si accorgerà di questa corrispondenza e che riuscirà a capire il senso in cui tali parole sono state pensate.

Un altro elemento che può influire sul rapporto titolo-opera è il momento in cui esso viene concepito. In questo però la soggettività dell'autore è assoluta: vi sono storie che nascono da un titolo, titoli che vengono concepiti solo a racconto ultimato e titoli che si sviluppano contemporaneamente alla storia cui si riferiscono. Nel mio caso, ad esempio, quasi sempre il titolo nasce contemporaneamente al racconto: appena ho "visto" il nocciolo della storia con la mente, ecco che ne scaturisce anche il titolo. Capita spesso infatti che, cominciando un nuovo racconto, le prime parole che scrivo al computer siano proprio quelle del titolo.

Una volta terminato il proprio racconto, ogni autore dovrebbe ricordarsi di verificare se il titolo prescelto sia ancora quello giusto: la storia, durante la sua stesura, potrebbe aver preso pieghe impreviste o essere cambiata del tutto. I principi da seguire sono ovviamente gli stessi di prima.

Spero che questi pochi consigli vi possano essere utili, anche perché ricordate sempre che "chi ben comincia è a metà dell'opera".

1 commento:

  1. Io di solito ho sempre dato prima il titolo ai miei libri. Quando ancora si trattava di aver scritto poche frasi a penna sul quaderno già c'era il titolo che poi è rimasto quello definitivo. I due romanzi che ho in sospeso invece ancora non hanno alcun titolo... la cosa mi sorprende e, contemporaneamente, mi spaventa.

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